“La mia idea è che si debba parlare di film prima
de La Dolce Vita e di film dopo La Dolce Vita.
Questa
opera di Federico Fellini ha spazzato via tutte le regole della narrazione con
il suo coraggio, opponendosi anche alla censura di quegli anni con una grande
onestà”.
Martin Scorsese parla con grande entusiasmo
del film che il Festival di Roma ha presentato in una versione restaurata dalla
Cineteca di Bologna e dalla Cineteca nazionale, che, a partire dalla prossima
settimana, sarà fatto circuitare gratuitamente da Medusa in alcuni cinema di tutta
Italia.
“In quegli anni c’erano
film epici e spettacolari come Ben Hur,
Spartacus e Oklahoma,
ma anche come Il
giro del mondo in 80 giorni,
ma nessuno fino ad allora aveva mai incontrato una
produzione del livello autoriale, dell’intensità morale, di intelligenza e di
maturità come La
Dolce Vita:
un film al tempo stesso spettacolare, ma anche
impegnato. Un vero e proprio grande evento”.
Continua l’autore italo – americano di cui il
Festival presenta in anteprima la nuova produzione televisiva Boardwalk
Empire “Certo, in quegli anni
c’erano i film di Bergman e L’Avventura di
Michelangelo Antonioni, ma è stato questo lavoro di Fellini ha portare un forte
cambiamento in tutto il mondo.
Così
come conosciamo artisti come Leonardo, Raffaello, Michelangelo e Caravaggio
così riconosciamo la visione di Federico Fellini e la sua capacità di
utilizzare la luce, di usare la macchina da presa e di creare delle
inquadrature. Da quel punto in poi anche il cinema di Fellini è cambiato. La
narrazione è scivolata in secondo piano, mentre è come se lui si fosse
ostinato a creare dei giganteschi affreschi. Il mondo non è cambiato molto da
allora, anzi. Forse, però, gli interrogativi sollevati da Fellini ne La Dolce Vita vengono posti in maniera ancora
più intensa. Del resto è stato proprio questo regista a dimostrare che puoi non
tenere conto di una trama, e, al tempo stesso, riuscire a creare uno specchio
della società e della vita. Federico Fellini ha modernizzato il cinema”.
Martin
Scorsese spiega le implicazioni etiche del suo impegno per il
restauro di film “Quello
che desidero è potere offrire un senso di continuità”.
Dice “Non sono un vero e proprio
storico, ma, al tempo stesso, sono convinto che senza passato non esista un
futuro. Impariamo dal passato per fare il cinema. Quando ero uno studente il
cinema era un’arte ancora giovane: esistevano una quarantina di anni di film
americani, inglesi e francesi, mentre quelli muti non potevano essere più
apprezzati in quanto non venivano proiettati.
Oggi, invece, è possibile
studiare circa 110 anni di cinema. In questo senso il mio desiderio è potere
rivolgermi ai cineasti nella maniera in cui sono stato influenzato da loro e
avvicinarmi al loro cinema in modo da poterli indicare ai più giovani. L’unico
legame con ho questi grandi del passato è l’impatto che hanno avuto sulla mia
vita e sul mio modo di intendere il cinema. Prova ne sono, nel bene e nel male,
i film che ho fatto. Dunque, credo che tutti noi abbiamo un obbligo: quello di
preservare il cinema per poterlo mostrare e consegnare ai nostri figli”.
Parlando del suo lavoro come autore di ‘Cinema sul Cinema’ Martin Scorsese
continua “Le
influenze di una persona non si riducono ad un tipo di inquadratura o ad uno
stile.
Le cose non funzionano così, perché ci sono influenze che non possono
essere definite. Come nel caso del mio documentario Letter to Elia, dedicato a Kazan: non potevo
esprimere a parole un concetto troppo effimero, e l’unica maniera per poterlo
fare era quella di utilizzare il cinema per esprimermi“.
Parlando
dell’Italia, Scorsese conclude “Sono sempre interessato agli ultimi film italiani usciti perché
costituiscono sempre un’ispirazione interessante come Gomorra,
L’Ora di Punta e Io sono l’amore. Certo, si tratta di una
generazione differente, ma i temi affrontati da questi registi sono eterni e
anche universali. Si sta sviluppando un nuovo stile che va incoraggiato”.
Fonte: Primissima.it di Marco Spagnoli
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