mercoledì 15 dicembre 2010

Un giorno bellissimo con Francesco Renga



Oggi vi parliamo di Francesco Renga e del suo nuovo album UN GIORNO BELLISSIMO e delle sempre più vicine nozze con la sua compagna storica, Ambra Angiolini dalla quale ha avuto due figli.
L'album precedente, Orchestraevoce, ha venduto 100mila copie. Erano cover, di classici italiani degli anni 60 – e le cover, si sa, sono una garanzia di massima resa scommettendo il meno possibile. Quest'anno, però, Francesco Renga si affida a dodici brani nuovi: Un giorno bellissimo. 
«Farmi spaventare da un disco di inediti? Proprio no. Credo che spaventi molto di più la mia casa discografica, quello sì. E che siano preoccupati, me ne accorgo quotidianamente».

E' un periodo pesante, dopotutto…
«Sì, ma credo che le case discografiche in questa crisi abbiano delle pecche pesanti. Non sono riuscite a prevederla, non sono riuscite a gestirla, non ne hanno visto il nascere e non ne vedono la fine. Stanno cercando di recuperare posizioni nel modo più drastico possibile, quindi tagliando posti e cercando di risparmiare. Ma il problema principale è che non sono riuscite ad assolvere a quelli che sono i loro compiti, delegando il lavoro per esempio alla televisione. La casa discografica doveva fare da talent scout, trovare artisti e farli crescere anche attraverso errori e passi falsi. Ti dava la possibilità di crescere, insomma. Ora la gavetta si fa in tv. Ma non solo: un altro errore le major lo fanno alle spalle di questi ragazzi dei talent show, cioè prenderli, usarli per un successo stagionale e poi lasciarli a loro stessi. E se si sfrutta l'effimero di un momento, di una situazione favorevole, si evita di risolvere i veri problemi».

Il disco, però, esce su etichetta Universal: a differenza di altri artisti, tu la major non l'hai lasciata per tentare strade nuove.
«E' perché ancora credo ancora nella vera funzione della casa discografica. E credo che queste aziende vadano sostenute, perché il pericolo che corrono è grande. Il problema non è quanti artisti se ne vanno, il rischio è che le case discografiche scompaiono davvero: quante ce ne saranno ancora tra tre, quattro anni? Chi ci lavorerà ancora? Penso tutto sommato che sia il posto giusto nel quale continuare a fare questo mestiere, finché me ne daranno la possibilità...».

Una prima sperimentazione, però, l'hai fatta con la presentazione del cd: dal vivo, in diretta da una cantina della Franciacorta, trasmessa in cinema 3D. E' perché ti appassionano le tecnologie?

«Macché, sembro sempre un contadino che cerca di capire cosa sia una centrale nucleare! Faccio fatica, però sono curioso. E questa storia del cinema 3D è nata per caso: come sempre le cose migliori nascono a cena, parlando del più e del meno, con amici vecchi e nuovi. Io il 3D lo conoscevo per via dei cartoni animati dei miei figli. Loro si sono rotti già un po', io invece impazzisco, sono il vero bambino… Che dire: al di là della eco mediatica che ha avuto, sempre buona per la promozione, per me è stato un episodio ben riuscito. Lo seguiranno altri artisti, vedrai».

La tecnologia, però, può essere pericolosa. Nella crisi del mercato discografico pesa la voce della pirateria.

«Per quanto riguarda il download illegale, credo che la cosa non sia assolutamente risolvibile, se non alla fonte. Tutti gli esperimenti che sono stati fatti per arginare la pirateria non hanno funzionato perché semplicemente non possono funzionare. Come sempre, e purtroppo, la scelta è politica. Bisognerebbe capire se a qualcuno interessa davvero salvare questo mercato e tutelare gli artisti e chi lavora nell'indotto. C'è un web che è destinato a diventare sempre più cosa pubblica e gratuita: nella democrazia del web dev'essere tutto a portata di tutti, sempre fruibile in ogni momento e gratis. A fronte di questa cosa, però, ci sono grandi centri di potere economico che invece lucrano tantissimo. Ai provider bisogna dire: attraverso il tuo segnale passa un sacco di roba che tu non hai pagato? Un euro del tuo business lo devi allocare alla musica, ai libri, ai cinema, alla Siae... non succederà mai, lo so. Però sarebbe giusto così».

Hai criticato il regno dei talent show e il meccanismo televisivo della costruzione dei personaggi della musica. Eppure, proprio nel giorno in cui uscirà il tuo cd, nella finale di X factor un concorrente canterà un brano inedito proprio scritto da te. Come la mettiamo?

«Questa è una cosa che mi preoccupa molto – dice ridendo – giuro che è stato perché me l'ha chiesto il presidente della Sony, che è un amico bresciano. E non è una canzone che io ho scritto proprio per quest'occasione… Lo so, che diventa quasi un mio avallo al sistema. Posso dire che il programma non l'ho sentito, ma Davide è un ragazzino a posto, nonostante i suoi 17 anni. Con una vocalità che potrà dargli soddisfazioni e che gli fa interpretare il pezzo in maniera giusta. E i brani di Francesco Renga – finisce ridendo ancor di più - non li possono cantare mica tutti, no?». 

Fonte: IlSole24Ore.com

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