E' dalla strada che molti stilisti si ispirano per le proprie collezioni oppure è viceversa, è dalla passerella alla strada che arrivano le ultime tendenze delle fashion victim.
Da “Sex in the city” in avanti, il gioco è fatto. L’abito alla moda esce dalle passerelle per approdare in strada accessoriato di individualità, diventando così involucro unico e “stiloso” di urban-people sempre più fashion. La stravaganza di strada, fino a pochi anni fa giudicata o perlomeno squadrata, oggi diventa molto più che tendenza, diventa rivoluzione: la Street Fashion Revolution. Nata in Giappone, la rivoluzione del trend 2.0
è una lotta all’omologazione del vestire e consiste nella
personalizzazione di capi firmati presenti e passati e nella creazione
di veri e propri cataloghi virtuali in cui a far da stylist e modelle sono le fashion victim stesse.
Una moda
user-generated quindi, che predilige la comunicazione democratica e
accessibile della rete in generale e del blog in particolare, senza però
passare inosservato ai grandi media tradizionali come il “New York
Times” che, ad esempio, dedica all’argomento la video-rubrica “On the street”.
L’impegno al trasformismo alla Carrie Bradshaw in
Italia c’è, ma il confronto tra la street-fashion internazionale e lo
StreetMemo, dimostra un nostro persistente attaccamento alla moda da passerella; l’abito, così come lo si trova in negozio, fatica a subire la rivoluzione della strada.
Per una volta che il monaco sia rappresentato proprio dall’abito? Forse
si, qui arenato alle sue origini, restio al cambiamento.
Articolo di Silvia Costa tratto da: Cultumedia Magazine
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